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Excalibur, la spada nella roccia, compare diverse volte nella storia italiana: nel racconto di San Galgano, nell’atto della rinuncia alla vita da cavaliere per quella da eremita, rinuncia che si è realizzata conficcando la spada in una roccia, nell’archeologia Sarda che ha portato alla luce alcuni esempi di spade impiantate nella roccia da guerrieri nuragici, in provincia di Nuoro; ma quello che ci riguarda più da vicino è l’antichissimo racconto della tradizione erculea.
Servio Mario Onorato nel suo grande commento all’Eneide di Virgilio ricorda che Ercole, volendo dimostrare le proprie virtù di valore e forza fisica, conficcò una spada nel suolo, sfidando gli altri abitanti del luogo ad estrarla, ma nessuno ci riuscì. Solo Ercole ne fu capace. Dal foro prodotto uscì poi un’immensa massa di acqua che formò il lago Cimino, oggi conosciuto come Lago di Vico o di Ronciglione.
Il Lago di Vico è, fra i grandi laghi italiani, il più alto sopra il livello del mare. Circondato dal complesso montuoso dei Monti Cimini e in particolare dal Monte Fogliano e Dal Monte Venere, è la testimonianza di una lunga attività vulcanica che modellò tutto il territorio circostante fino al Tevere.
Al termine di questa fase, le sorgenti sotterranee e le grandi piogge formarono il lago, il monte Venere divenne un’isola abbracciata dalle sue acque, le valli e i crinali circostanti si ricoprirono di fitta estensione di boschi. La zona rimase inesplorata per millenni, fino a quando i Romani espugnarono la città di Sutri e inseguirono gli Etruschi in fuga nella Selva Cimina, ritenuta fino ad allora abitata da demoni.
Tito Livio la descrive così: ”Era in quel tempo la selva Cimino più impraticabile e spaventosa (invia atque orrenda) di quanto non lo siano oggi le foreste della Germania e nessuno fino allora vi era penetrato, neppure i mercanti, né ardiva qualcuno entrarvi”.
Successivamente, proprio i romani tracciarono il percorso della Via Cassia che attraversa ancora oggi questi territori.
La fisionomia delle trasformazioni geologiche dovute all’attività vulcanica sono ancora visibili nei crinali della conca craterica che circoscrivono il lago. La zona pianeggiante della valle è molto fertile, particolarmente votata alla coltura del nocciolo, ed è emersa in seguito all’abbassamento del lago attraverso un emissario esterno scavato dagli Etruschi e successivamente ampliato con le colmate Farnesiane, che prendono il nome dai signori di Caprarola e Ronciglione.
Dopo l’istituzione della Riserva Naturale del Lago di Vico, nel 1982, sono subentrati vincoli paesaggistici che hanno sottratto il territorio a una selvaggia cementificazione. Grazie alla sue caratteristiche peculiari e ai biotipi presenti è considerato una delle aree di maggior valore naturalistico del Lazio e di rilevante interesse a livello nazionale.
Durante tutto l’anno il lago offre scenari unici che cambiano seguendo il ritmo lento delle stagioni e grazie anche alla ricca presenza di ambienti naturali diversi, come il canneto che costeggia buona parte delle sponde, la palude, una delle più estese del Lazio, o la faggeta di Monte Venere, che di tanto in tanto apre lo sguardo su paesaggi mozzafiato. Di particolare interesse è il sentiero predisposto per i non vedenti, ma adatto a tutti.